“War is over if you want to”
John Lennon
Mentre io, al solito, mi lasciavo vivere addosso e trascorrevo la giornata di ieri maledicendo il giorno in cui qualcuno mi ha detto di far parte di un’eccellenza, il mondo collassava su se stesso.
Io ero avvoltolata nel mio paile, a riflettere sull’insoddisfazione che questi primi giorni del 2010 mi stanno regalando, e a Marjah, nel Sud dell’Afghanistan, decine di civili perdevano la vita.
In seguito all’isolamento di cui sopra, solo questa mattina ho letto il comunicato arrivatomi dalla sede di Emergency, e solo stamattina ho compreso cosa stesse succedendo a Lashkar-gah.
C’è da riflettere.
Giusto per chiarire: nel 2004 l’associazione non governativa Emergency, da più di 15 anni impegnata nel ripudio della guerra, nell’affermazione di una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani e coinvolta direttamente nella cura alle vittime causate da chi, invece, continua a perseguire la via belligerante, ha aperto un centro chirurgico specializzato a Lashkar-gah, nella provincia pashtun di Helmand. Come ogni struttura dell’associazione, è perfettamente organizzata per intervenire in ogni aspetto del soccorso di vittime di guerra o di mine antiuomo, e per accompagnare il convalescente in una ripresa pressoché totale delle sue abilità. Lo fa brillantemente, da più di cinque anni, con più di 8.000 ricoveri e 9.000 interventi chirurgici (per ulteriori informazioni rimando al Report 1994/2008).
E’ solo uno dei tre progetti (quattro, se si considera la duplice funzione della struttura di Anabah – medico-chirurgico e centro di maternità) che Emergency sta conducendo nel solo territorio afghano, offrendo assistenza gratuita (un lusso nei paesi dove opera) e di alta qualità, con soddisfazione degli organizzatori ma, soprattutto, della popolazione locale, direttamente coinvolta anche nelle operazioni di soccorso.
Per conoscere meglio l’associazione, rimando direttamente al sito Emergency.it , chiaro, trasparente, efficiente e aggiornato, quattro aggettivi che potrebbero metonimicamente esser riferiti all’organizzazione in sé.
In ogni modo, disgustata dal comunicato stampa, sono andata a ricercare informazioni più dettagliate su PeaceReporter.it , e ho trovato questa dichiarazione rilasciata da Matteo Dell’Aira, capo infermiere del centro interessato:
“Anche oggi (lunedì, ndr) c’è un gran via vai di caccia ed elicotteri e si continuano a sentire gli echi di forti esplosioni e di sparatorie provenienti dalla direzione di Nadalì, la zona dei combattimenti più vicina a noi. Gli operatori sanitari in zona non hanno ancora ottenuto dalle truppe Usa il permesso di evacuare i civili feriti da Marjah per portarli nel nostro ospedale, dove continuano ad arrivare solo i pochi feriti che riescono ad aggirare i checkpoint o che ci vengono direttamente consegnati dai militari britannici del locale Prt. Il bambino di sette anni arrivato ieri con un proiettile in corpo lo abbiamo operato e ora è fuori pericolo”.
Se ne evince che sono ancora numerose le vittime dell’attacco sferrato dalle forze anglo-americane che necessitano di cure urgenti ma che, impossibilitate a passare attraverso posti di blocco militari, sono costrette all’immobilità nella zona calda. Il 14 febbraio 6 civili sono deceduti perché non ne era stata autorizzata l’evacuazione. Si muore nel proprio paese perché dal proprio paese non si può uscire, e chi impedisce il soccorso di questi innocenti sono esattamente quegli individui che professano di voler “esportare democrazia”.
Ma quando vedi che chi si arroga il diritto di farsi portatore di un messaggio democratico rifiuta di aprire un corridoio umanitario per il trasporto di civili feriti (quando non proprio il coinvolgimento in una guerra avrebbe dovuto farci riflettere sull’incoerenza di mezzi e fine, direi), non dovresti cominciare a pensare che ci stanno prendendo tutti per il culo?
E c’è chi, per questa presa per il culo mondiale, ci rimette la vita. Quotidianamente.
E c’è chi, prendendoci tutti per il culo, ci vince i Premi Nobel per la Pace.
E noi, stronzi, ancora a dargli retta.