Dice: un agosto un po’ così.
Dice: pure se non parto, alla fine mi diverto.
Agosto a Roma fa riflettere, ché anche se non sei sociopatico alla fine ti garba. Quel mese in cui vige la sospensione del giudizio, in cui ti astieni da facili sarcastici commenti sul romano medio. Apprezzi di più le persone che ti stanno intorno, foss’anche solo perché son poche, e hai più tempo per guardarle veramente o per conoscerle – ho avuto modo di leggere un editoriale di Moccia (!) su “Il Messaggero” che invitava la gente ad amarsi senza preconcetti, e con una visione talmente ridotta da rasentare il populismo, invitava a sorridere al nostro vicino. Ecco. Io non dico questo, sennò finisce uguale che sembriamo tutti ebeti, sprecando l’opportunità di un agosto romano.
Dico – se mi riesce – di dedicarci ad una città tanto odiata tutto il resto dell’anno, in quegli unici trenta giorni in cui appare sana, non infestata dai malanni che la rendono imperfetta: senza milioni di persone che bloccano le vie, senza migliaia di macchine che intasano strade e polmoni, liberi dalle zone a traffico limitato che nascondono scorci imperdibili.
Prendiamo la macchina, buttiamola in strada, infiliamola nei vicoli e, infine, parcheggiamola. E boicottiamo i localini di Campo de’ Fiori, ignoriamo i pubacci fin troppo frequentati di San Lorenzo, e riscopriamo le vecchie osterie e i “Vini e Olii” con quella loro doppia vocale conturbante e dai bicchieri di fresco bianco a un euro, frequentati solo dai vecchi ubriachi d’osteria.
Al Pigneto, al di là del ponte, se ti lasci alle spalle il confusionario, multietnicoradicalchic viale omonimo, ce n’è uno particolarmente romantico, gestito dal Signor Tommaso, uomo d’indefinibile età ma di certo aplomb, col suo grembiulino d’ordinanza e gli occhiali tondi. E’ privo di tavolini, solo una panca ed una botte su cui è disegnata una scacchiera giallo-rossa per intrattenersi a dama, ed una quantità e varietà di vini eccezionale. E se sei fortunato, t’imbarchi in conversazioni con la signora al primo piano che, a dispetto del tono, non ti rivolgerà parola dal balcone per redarguirti circa il tono di voce troppo elevato, ma ti inviterà a parlare “ché a me mette allegria, mi fa piacere la gioventù”, ammetterà.
Perciò, sai che c’è? ‘fanculo, bevete e moltiplicatevi. Con moderazione, però, che già siamo troppi.
Non partire è un po’ non morire.
sapevi che “il signor tommaso” era il precedente propietario del vini e oli multietnicoradicalchic che sta all’isola pedonale?
quando (2/3 anni fa) cominciava a venire troppa gente , s’era stufato di tutto quel tram tram di giovani che volevano vino ad un euro e poi si sdraiavano per terra… non sai che litigate ho visto quando voleva chiudere il locale agli orari a cui era sempre abituato (21/22 di sera) mentre i “nuovi clienti del pigneto” protestavano perchè restasse aperto fino a tardi.
insomma, fai per la gente, fai per il troppo lavoro (è un tipo tranquillo, Tommaso) ad un certo punto ha venduto il locale e arrivederci a tutti…
un paio d’anni dopo te lo ritrovi con il suo nuovo vini e olii all’antica a misura d’uomo.
questa volta pero’ ha scelto con cura un luogo poco affascinante: al di la del ponte, accanto ad un garage di quelli che più brutto non si puo’, con un interno di soli 4 metri quadrati.
Come dire, qui ci voglio solo i pochi “puristi” del vini e olii, vade retro radicalchic e giovani allegri!
E posso assicurareti che qualche persona di quartiere che frequentava il vecchio vini e olii, all’inaugurazione del nuovo vini e olii del “il signor tommaso”, lo ha abbracciato, baciato e ringraziato con le lacrime agli occhi.
=)
Non sono una pluridecennale frequentatrice del Pigneto – foss’anche solo perché l’età non me lo permette – e di conseguenza non conoscevo tutta la storia. Bello vedere che siamo in tanti ad apprezzare il Signor Tommaso. Ti ringrazio per il racconto, adesso potrò aggiungere un’ulteriore caratteristica che rende speciale quel posto. Ci si vede da quelle parti, allora.
A Schié tenemise sta Roma che è propio bella assà, cioè tiettela tu che io da qua ndò sto nun potrei propio.
D’antra parte sai come dicheno li doicce? Se da Berlino se ne annassero via tutti li berlinesi sarebbe na città de sogno.
Allora famo che na giornata tutti li romani se ne fussero annati da Roma, tutti li milanesi da Milano e puro li veneziani da Venezzia, che quanno parleno rompeno propio tanto, e tu vedressi che belle cittá ce potressimo da gode.
Comunque ciai raggione: quell’osterie de na vorta se le potemo da sognà.
Io se resto qua a scrivete me sogno a te, mentre che te sventoli pe fatte fresco.
Te saluto cocca.
beh? si dorme in questo blog? vogliamo altri post saturi di cinismo! U_U